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Lavoro: E’ Nullo Il Licenziamento Ritorsivo Per La Prolungata Assenza Del Lavoratore Per Malattia

Lavoro: E’ nullo il licenziamento ritorsivo per la prolungata assenza del lavoratore per malattia

Una recente Cassazione, Sez. Lav. del 23 settembre 2019, n. 23583, ha dichiarato nullo, in quanto ritorsivo, il licenziamento intimato ad un dipendente rientrato in azienda dopo un lungo periodo di malattia.

Il caso sottoposto alla Corte di Cassazione Sez. Lavoro merita un breve approfondimento perché è pieno di spunti utili per l’accertamento della natura ritorsiva di un licenziamento.

A seguito del ricorso avverso il licenziamento per giustificato motivo oggettivo (g.m.o) presentato dal dipendente, il Tribunale prima e la Corte di Appello di Firenze poi accertavano l’insussistenza del g.m.o e dichiaravano come il licenziamento in questione, in realtà, avesse natura ritorsiva in quanto fondato sulla volontà ‘punitiva’ dell’azienda nei confronti del lavoratore colpevole di aver prolungato la propria assenza per malattia per un lungo periodo.

Nel caso in esame alla Corte un dipendente, di ritorno in azienda dopo un prolungato periodo di malattia (dal 18/6 al 29/1) veniva licenziato con la motivazione dell’avvenuta chiusura del comparto in cui il lavoratore prestava la propria attività. Tuttavia, a seguito di ricorso, nel corso dell’istruttoria emergeva come il dipendente formalmente addetto al comparto poi chiuso, di fatto svolgeva la propria attività principalmente in altri differenti comparti aziendali. Non solo, l’azienda in questione, dati alla mano, pur avendo chiuso il suddetto comparto, presentava un discreto aumento del proprio fatturato e da ultimo aveva provveduto ad assumere altro personale, inquadrato come impiegato, che nei fatti era chiamato a svolgere inter alia le attività di cui si era occupato in passato l’operaio specializzato licenziato.

Sottoposta all’esame della Suprema Corte la decisione della Corte d’Appello di Firenze, la Cassazione ha giudicato corretto il ragionamento compiuto dalla Corte e ha evidenziato come l’onere della prova del carattere ritorsivo del licenziamento gravasse esclusivamente sul lavoratore e ha stabilito che per valutare la sussistenza o meno della natura ‘ritorsiva’ del licenziamento fosse necessario accertare che l’intento (punitivo) avesse assunto efficacia esclusiva nella volontà espressa sotto altra forma dal datore di lavoro.

Affinché il motivo illecito potesse ritenersi esclusivo occorreva dunque accertare se l’azienda avrebbe provveduto a licenziare il dipendente anche in assenza di quel motivo. Se così fosse è non ci si trova dinnanzi a un licenziamento ritorsivo, che invece può sussistere in tutti quei casi in cui il motivo illecito è nella sostanza l’unico sui cui si fonda il recesso da parte del datore di lavoro.

Ma vi è di più. Secondo la Corte, la circostanza che il motivo illecito concorra con altro lecito (giusta causa, g.m.o o g.m.s.) è comunque possibile, ma è chiaro che per si potrà giudicare un licenziamento di natura ritorsiva solo allorquando il motivo lecito risulti solo formalmente addotto e non emerga a seguito di riscontro giudiziale.

Nel caso di specie, accertata l’insussistenza del g.m.o, che risultava pertanto solo formalmente addotto, la Corte ha giudicato il recesso intimato di natura ritorsiva, ravvisando l’unico motivazione a esso sottesa quella punitiva conseguente alla lunga assenza per malattia di cui ha goduto il lavoratore dipendente.

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